sabato 28 giugno 2008

CRISI ALIMENTARE. LE BUGIE DELL’INDUSTRIA OGM

Giugno 2008
La situazione
Milioni di persone stanno facendo fronte a riduzioni di cibo, prezzi inaccessibili e in
molti casi alla fame. I tumulti, dal Bangladesh al Senegal, mettono in evidenza la
precarietà del nostro sistema alimentare.
• Dal 20061 i prezzi dei cereali sono cresciuti del 45%
• Dal 20022 il solo prezzo del grano, è cresciuto del 200%
• Dal 20003 i prezzi del cibo in generale sono cresciuti del 75%
• Le riserve di cereali in tutto il mondo stanno diminuendo sensibilmente
La distribuzione iniqua dei cereali è un fattore chiave nella crisi. C’è abbastanza cibo
disponibile per ogni individuo che abita il pianeta, ma le colture di cereali sono
dirottate da un uso alimentare per la popolazione a un utilizzo per ricavare
biocarburante per automobili o per nutrire animali, dato il crescente consumo di
carne. Tutto questo sta aumentando la richiesta di cereali causando in tal modo
l’aumento dei prezzi della merce, e mettendo gli alimenti di prima necessità al di
fuori della portata di milioni di persone in tutto il mondo.
L’industria biotecnologica rivendica che l’ingegneria genetica è una soluzione per
fronteggiare la fame nel mondo e la crisi alimentare. Falso. In realtà l’ingegneria
genetica non aiuterà a contenere l’aumento dei prezzi alimentari o a risolvere il
problema della povertà, un dato di fatto che è riconosciuto da oltre 400 tra i più
importanti agronomi dell’International Assessment of Agricultural Science and
Technology for Development (IAASTD). L’ingegneria genetica è una scelta rischiosa e
costosa per gli agricoltori e mette la biodiversità del pianeta in serio pericolo di
contaminazione, in maniera tanto imprevedibile quanto incontrollabile.

La soluzione all’attuale crisi alimentare non sono le colture manipolate
geneticamente né un uso più massiccio della chimica. Al contrario, abbiamo bisogno
di ricorrere a moderni metodi di coltivazione ecologica che conducano a una
produzione maggiore e a un sistema di distribuzione più equo. Inoltre dobbiamo
porre un freno al sovraconsumo di carne e allo spreco di cibo nei paesi sviluppati,
consumo che mette a repentaglio la vita di tanti esseri umani. I biocarburanti vanno
utilizzati soltanto se rispondono a rigidi criteri di sostenibilità e se non entrano in conflitto con la produzione di alimenti.

Le cause
La maggior parte degli economisti e degli agronomi convengono che siano diversi
fattori correlati a determinare questa grave situazione:
Il cambiamento climatico contribuisce a creare andamenti meteorologici meno
prevedibili, portando siccità e inondazioni. In Australia, uno dei maggiori paesi
produttori e esportatori di cereali, i cambiamenti climatici sono in parte responsabili
di una siccità che negli anni 2006/07 e 2007/08 ha provocato nei raccolti di cereali
una diminuzione rispettivamente del 50% e del 35% al di sotto della media calcolata
negli ultimi 10 anni.
Anche l’aumento del prezzo del petrolio contribuisce al rialzo del prezzo degli
alimenti, in quanto il sistema della nostra industria alimentare è fortemente
dipendente dall’utilizzo dei carburanti fossili, non solo in termini di miglia percorsi per
il trasporto, ma anche in fertilizzanti e pesticidi.
Biocarburanti: la corsa ai biocarburanti nei mercati internazionali, motivata in gran
parte da politiche che stabiliscono obiettivi obbligatori negli Stati Uniti e nell’Unione
europea, stanno sottraendo terreni produttivi alla produzione alimentare, a favore di
quella per i biocarburanti, facendo così lievitare il prezzo dei cereali. Cresce
l’evidenza che i biocarburanti non portano a una riduzione delle emissioni di gas
serra.
Nel 2007 gli Stati Uniti hanno sottratto 54 milioni di tonnellate di mais per produrre
bioetanolo5 e la Ue ha utilizzato 2,85 milioni di ettari6 per produrre olio di colza e
altre colture per biocarburanti. Se la stessa superficie di terra fosse stata destinata
alla coltivazione di mais e grano per fini alimentari, si sarebbero raccolti una cifra
stimata di 68 milioni di tonnellate di cereali. Sebbene ciò rappresenti solo il 5% della
produzione complessiva mondiale di cereali, avrebbe potuto fornire cibo per 373
milioni di persone ogni anno – abbastanza per nutrire le popolazioni dei 28 paesi
meno sviluppati dell’Africa messi assieme. Le colture per biocarburanti
contribuiscono all’aumento dei prezzi della merce di prima necessità, rendendo i
cereali molto più costosi.
La speculazione sui beni di prima necessità è anch’esso un fattore che sta dietro
l’aumento dei prezzi alimentari, perché gli speculatori che hanno abbandonato altrimercati che sono venuti a mancare, stanno sempre più sperequando sui futuri prezzi
della merce di prima necessità.
La domanda crescente di carne come conseguenza della diffusione e della
assimilazione della dieta del mondo occidentale sta sottraendo cereali alle
popolazioni per nutrire il bestiame. Si stima che se il 50% della popolazione che vive
nei 15 paesi Ue e negli Stati Uniti sostituissero la metà della loro media annuale di
consumo di carne con proteine vegetali, i cereali che non sarebbero più destinati
all’alimentazione del bestiame, basterebbero a nutrire per un anno la metà delle
popolazioni denutrite presenti nel mondo.
Dobbiamo vergognarci se un solo bambino soffre la fame in quanto l’Occidente
alimenta i trasporti con i biocarburanti derivanti dal mais e i cereali sono destinati a
nutrire il bestiame per soddisfare il nostro eccessivo consumo di carne. Possiamo
dare un contributo a porre termine a questa crisi utilizzando la terra per produrre
cibo per le popolazioni e non per alimentare automobili e maiali.
La soluzione
La cosa più urgente da fare è arrestare la tendenza a utilizzare i cereali per produrre
carburante e carne. Laddove è questione di biocarburanti, le politiche devono essere
riviste. Gli obiettivi obbligatori relativi ai biocarburanti devono essere sospesi e
contestualmente deve essere sviluppata una legislazione in grado di garantire che la
produzione di biocarburanti non causi cambiamenti diretti o indiretti sullo sfruttamento
dei terreni, né minacci la sicurezza del cibo, in particolare nei Paesi in via di sviluppo.
Solo un paese, la Cina, ha imposto una moratoria su ulteriori sfruttamenti dei cereali
(granoturco, grano, riso e soia), per produrre biocarburanti (2006). Laddove è
questione dei cereali destinati all’alimentazione di animali, i consumatori dei paesi
sviluppati dovrebbero mangiare meno carne.
In questo modo saranno disponibili più cereali per nutrire le popolazioni e il loro prezzo
calerà così da essere alla portata di coloro che sono maggiormente a rischio di
denutrizione.
Nel lungo termine il settore agricolo deve porre fine alla sua dipendenza dai
combustibili fossili e riconoscere che l’ingegneria genetica non è una soluzione per
l’aumento della produzione di cibo. Le colture geneticamente modificate non sono
concepite per nutrire i poveri o abbattere i prezzi, né possono aumentare i raccolti. Al contrario, studi svolti negli ultimi anni hanno dimostrato che i raccolti di soia geneticamente modificata Roundup Ready – di gran lunga la più importante coltura
geneticamente modificata attualmente in produzione – sono di oltre il 10% inferiori
rispetto ai loro corrispettivi non geneticamente modificati.
L’IAASTD, nella prima valutazione sull’agricoltura mondiale, ha recentemente
concluso che vi è un urgente bisogno di prendere le distanze dall’agricoltura
industriale distruttiva e dipendente dalla chimica e di adottare moderni metodi di
coltivazione che difendano la biodiversità e che portino beneficio alle comunità
locali.13 La IAASTD ha inoltre concluso che le tecniche come quella dell’ingegneria
genetica non rappresentano delle soluzioni valide per far fronte alla crescita dei
prezzi alimentari, alla povertà, alla perdita di biodiversità e ai cambiamenti climatici.
Cibo migliore e in maggiore quantità può essere prodotto senza distruggere gli
ambienti rurali o le nostre risorse naturali. La soluzione è rappresentata da metodi
responsabili a livello locale, sociale e ambientale.

Dobbiamo lavorare con la natura e non contro di essa. I governi devono rifiutare i
costosi sistemi che dipendono da combustibili fossili, prodotti chimici tossici e
dall’ingegneria genetica. La via moderna dell’agricoltura in grado di contenere i
prezzi e di aumentare la produttività è quella ecologica e su piccola scala. Il business as usual non è un’opzione.

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