sabato 28 giugno 2008

CRISI ALIMENTARE. LE BUGIE DELL’INDUSTRIA OGM

Giugno 2008
La situazione
Milioni di persone stanno facendo fronte a riduzioni di cibo, prezzi inaccessibili e in
molti casi alla fame. I tumulti, dal Bangladesh al Senegal, mettono in evidenza la
precarietà del nostro sistema alimentare.
• Dal 20061 i prezzi dei cereali sono cresciuti del 45%
• Dal 20022 il solo prezzo del grano, è cresciuto del 200%
• Dal 20003 i prezzi del cibo in generale sono cresciuti del 75%
• Le riserve di cereali in tutto il mondo stanno diminuendo sensibilmente
La distribuzione iniqua dei cereali è un fattore chiave nella crisi. C’è abbastanza cibo
disponibile per ogni individuo che abita il pianeta, ma le colture di cereali sono
dirottate da un uso alimentare per la popolazione a un utilizzo per ricavare
biocarburante per automobili o per nutrire animali, dato il crescente consumo di
carne. Tutto questo sta aumentando la richiesta di cereali causando in tal modo
l’aumento dei prezzi della merce, e mettendo gli alimenti di prima necessità al di
fuori della portata di milioni di persone in tutto il mondo.
L’industria biotecnologica rivendica che l’ingegneria genetica è una soluzione per
fronteggiare la fame nel mondo e la crisi alimentare. Falso. In realtà l’ingegneria
genetica non aiuterà a contenere l’aumento dei prezzi alimentari o a risolvere il
problema della povertà, un dato di fatto che è riconosciuto da oltre 400 tra i più
importanti agronomi dell’International Assessment of Agricultural Science and
Technology for Development (IAASTD). L’ingegneria genetica è una scelta rischiosa e
costosa per gli agricoltori e mette la biodiversità del pianeta in serio pericolo di
contaminazione, in maniera tanto imprevedibile quanto incontrollabile.

La soluzione all’attuale crisi alimentare non sono le colture manipolate
geneticamente né un uso più massiccio della chimica. Al contrario, abbiamo bisogno
di ricorrere a moderni metodi di coltivazione ecologica che conducano a una
produzione maggiore e a un sistema di distribuzione più equo. Inoltre dobbiamo
porre un freno al sovraconsumo di carne e allo spreco di cibo nei paesi sviluppati,
consumo che mette a repentaglio la vita di tanti esseri umani. I biocarburanti vanno
utilizzati soltanto se rispondono a rigidi criteri di sostenibilità e se non entrano in conflitto con la produzione di alimenti.

Le cause
La maggior parte degli economisti e degli agronomi convengono che siano diversi
fattori correlati a determinare questa grave situazione:
Il cambiamento climatico contribuisce a creare andamenti meteorologici meno
prevedibili, portando siccità e inondazioni. In Australia, uno dei maggiori paesi
produttori e esportatori di cereali, i cambiamenti climatici sono in parte responsabili
di una siccità che negli anni 2006/07 e 2007/08 ha provocato nei raccolti di cereali
una diminuzione rispettivamente del 50% e del 35% al di sotto della media calcolata
negli ultimi 10 anni.
Anche l’aumento del prezzo del petrolio contribuisce al rialzo del prezzo degli
alimenti, in quanto il sistema della nostra industria alimentare è fortemente
dipendente dall’utilizzo dei carburanti fossili, non solo in termini di miglia percorsi per
il trasporto, ma anche in fertilizzanti e pesticidi.
Biocarburanti: la corsa ai biocarburanti nei mercati internazionali, motivata in gran
parte da politiche che stabiliscono obiettivi obbligatori negli Stati Uniti e nell’Unione
europea, stanno sottraendo terreni produttivi alla produzione alimentare, a favore di
quella per i biocarburanti, facendo così lievitare il prezzo dei cereali. Cresce
l’evidenza che i biocarburanti non portano a una riduzione delle emissioni di gas
serra.
Nel 2007 gli Stati Uniti hanno sottratto 54 milioni di tonnellate di mais per produrre
bioetanolo5 e la Ue ha utilizzato 2,85 milioni di ettari6 per produrre olio di colza e
altre colture per biocarburanti. Se la stessa superficie di terra fosse stata destinata
alla coltivazione di mais e grano per fini alimentari, si sarebbero raccolti una cifra
stimata di 68 milioni di tonnellate di cereali. Sebbene ciò rappresenti solo il 5% della
produzione complessiva mondiale di cereali, avrebbe potuto fornire cibo per 373
milioni di persone ogni anno – abbastanza per nutrire le popolazioni dei 28 paesi
meno sviluppati dell’Africa messi assieme. Le colture per biocarburanti
contribuiscono all’aumento dei prezzi della merce di prima necessità, rendendo i
cereali molto più costosi.
La speculazione sui beni di prima necessità è anch’esso un fattore che sta dietro
l’aumento dei prezzi alimentari, perché gli speculatori che hanno abbandonato altrimercati che sono venuti a mancare, stanno sempre più sperequando sui futuri prezzi
della merce di prima necessità.
La domanda crescente di carne come conseguenza della diffusione e della
assimilazione della dieta del mondo occidentale sta sottraendo cereali alle
popolazioni per nutrire il bestiame. Si stima che se il 50% della popolazione che vive
nei 15 paesi Ue e negli Stati Uniti sostituissero la metà della loro media annuale di
consumo di carne con proteine vegetali, i cereali che non sarebbero più destinati
all’alimentazione del bestiame, basterebbero a nutrire per un anno la metà delle
popolazioni denutrite presenti nel mondo.
Dobbiamo vergognarci se un solo bambino soffre la fame in quanto l’Occidente
alimenta i trasporti con i biocarburanti derivanti dal mais e i cereali sono destinati a
nutrire il bestiame per soddisfare il nostro eccessivo consumo di carne. Possiamo
dare un contributo a porre termine a questa crisi utilizzando la terra per produrre
cibo per le popolazioni e non per alimentare automobili e maiali.
La soluzione
La cosa più urgente da fare è arrestare la tendenza a utilizzare i cereali per produrre
carburante e carne. Laddove è questione di biocarburanti, le politiche devono essere
riviste. Gli obiettivi obbligatori relativi ai biocarburanti devono essere sospesi e
contestualmente deve essere sviluppata una legislazione in grado di garantire che la
produzione di biocarburanti non causi cambiamenti diretti o indiretti sullo sfruttamento
dei terreni, né minacci la sicurezza del cibo, in particolare nei Paesi in via di sviluppo.
Solo un paese, la Cina, ha imposto una moratoria su ulteriori sfruttamenti dei cereali
(granoturco, grano, riso e soia), per produrre biocarburanti (2006). Laddove è
questione dei cereali destinati all’alimentazione di animali, i consumatori dei paesi
sviluppati dovrebbero mangiare meno carne.
In questo modo saranno disponibili più cereali per nutrire le popolazioni e il loro prezzo
calerà così da essere alla portata di coloro che sono maggiormente a rischio di
denutrizione.
Nel lungo termine il settore agricolo deve porre fine alla sua dipendenza dai
combustibili fossili e riconoscere che l’ingegneria genetica non è una soluzione per
l’aumento della produzione di cibo. Le colture geneticamente modificate non sono
concepite per nutrire i poveri o abbattere i prezzi, né possono aumentare i raccolti. Al contrario, studi svolti negli ultimi anni hanno dimostrato che i raccolti di soia geneticamente modificata Roundup Ready – di gran lunga la più importante coltura
geneticamente modificata attualmente in produzione – sono di oltre il 10% inferiori
rispetto ai loro corrispettivi non geneticamente modificati.
L’IAASTD, nella prima valutazione sull’agricoltura mondiale, ha recentemente
concluso che vi è un urgente bisogno di prendere le distanze dall’agricoltura
industriale distruttiva e dipendente dalla chimica e di adottare moderni metodi di
coltivazione che difendano la biodiversità e che portino beneficio alle comunità
locali.13 La IAASTD ha inoltre concluso che le tecniche come quella dell’ingegneria
genetica non rappresentano delle soluzioni valide per far fronte alla crescita dei
prezzi alimentari, alla povertà, alla perdita di biodiversità e ai cambiamenti climatici.
Cibo migliore e in maggiore quantità può essere prodotto senza distruggere gli
ambienti rurali o le nostre risorse naturali. La soluzione è rappresentata da metodi
responsabili a livello locale, sociale e ambientale.

Dobbiamo lavorare con la natura e non contro di essa. I governi devono rifiutare i
costosi sistemi che dipendono da combustibili fossili, prodotti chimici tossici e
dall’ingegneria genetica. La via moderna dell’agricoltura in grado di contenere i
prezzi e di aumentare la produttività è quella ecologica e su piccola scala. Il business as usual non è un’opzione.

È boom di frutta e verdura bio e equosolidale in Europa

Crescono i consumi di prodotti ortofrutticoli equosolidali e bio in Europa. Ad affermarlo è una ricerca di Organic Monitor. La spia principale del boom sta nel fatto che le vendite di frutta e verdura biologica hanno superato i 5 miliardi di euro di fatturato, per la prima volta dal 2007. L’ortofrutta equo e solidale è cresciuta in vendite, rispetto allo scorso anno, anche del 92%. Tra gli esempi positivi di questa crescita: il 25% delle banane presenti nel mercato britannico hanno una certificazione Fairtrade, ma in generale i maggiori cambiamenti sono avvenuti nei paesi del nord Europa. In Gran Bretagna, oltre il 5% del fresco è certificato bio e commercio solidale, così come in Germania e Finlandia. In Svizzera si è arrivati a superare il 10%. E’ l’agroalimentare bio logico a fare la parte del leone con un fatturato di 2,5 miliardi di euro nel 2007. eppure, secondo Organic Monitor, il settore dell’ortofrutta bio continua a soffrire per la carenza di approvvigionamento. Per questo molti grandi importatori europei stanno sviluppando delle strutture di approvvigionamento che possano garantire continuità nella fornitura. (Organic Monitor)

OGM Falsa soluzione!

Roma, Italia — Da tempo l'industria biotecnologica prova a sfruttare la crisi alimentare e la fame nel mondo per imporre come soluzione gli OGM. È la più grande bugia del mondo biotech. Gli organismi geneticamente modificati, infatti, vengono utilizzati soprattutto per produrre mangimi animali che vengono esportati nei paesi ricchi. Inoltre gli Ogm non producono più delle colture convenzionali e non danno garanzie di salubritá a lungo termine.

L'ingegneria genetica non aiuterà a contenere l'aumento dei prezzi alimentari o a risolvere il problema della povertà, un dato di fatto che è riconosciuto da oltre quattrocento tra i più importanti agronomi dell'International Assessment of Agricultural Science and Technology for Development (IAASTD). Il bio-tech non è la soluzione ma parte del problema. Gli OGM sono una scelta rischiosa e costosa per gli agricoltori e minacciano la biodiversità del pianeta con il rischio delle contaminazioni. In maniera tanto imprevedibile quanto incontrollabile.

Per far fronte alla crisi alimentare c'è bisogno di:
- ricorrere a moderni metodi di coltivazione ecologica che conducano a una produzione maggiore e a un sistema più equo di distribuzione;
- porre un freno al sovraconsumo di carne e allo spreco di cibo nei paesi sviluppati;
- ripensare alle politiche dei biocarburanti, da utilizzare soltanto se rispondono a rigidi criteri di sostenibilità e se non entrano in conflitto con la produzione di alimenti.

Cibo migliore e in maggiore quantitá puó essere prodotto senza mettere in pericolo la sussistenza nelle aree rurali o le risorse naturali. Si devono scegliere produzioni locali, socialmente ed ecologicamente sostenibili. Il business as usual non è un'opzione. Non si puó continuare a fare affari sulla pelle dei piú poveri.

Il rapporto scritto da quattrocento scienziati dell'IAASTD e appoggiato da oltre 60 paesi, conclude che é necessario e urgente abbandonare l'attuale agricoltura di tipo industriale - distruttiva e dipendente dalla chimica - e adottare moderni metodi agricoli che non siano in contrasto con l'ambiente, che premino la biodiversitá a beneficio delle comunitá locali. Il rapporto conclude chiaramente che tecnologie come l'ingegneria genetica non sono la soluzione per l'aumento dei prezzi degli alimenti, la povertá, la perdita di biodiversitá e il cambiamento climatico.

mercoledì 25 giugno 2008

Mettetela in brocca!





Mettetela in brocca!
A casa, ma quest’estate anche al ristorante, in pizzeria, al bar; e all’esercente che vi dirà che non può servirvi l’acqua del rubinetto spiegate che non è vero. Storia di un’idea che si diffonde. - di Camilla Lattanzi

L’acqua del rubinetto contro l'acqua in bottiglia. La riflessione che, come Altreconomia, abbiamo iniziato alcuni mesi fa sul bere l’acqua dell’acquedotto (buona, economica e comoda perché arriva direttamente nelle nostre case) continua anche durante l’estate, quando magari capita più spesso di uscire a cena. Al ristorante o in pizzeria è ormai prassi bere acqua minerale: ma non è un obbligo, semmai, anche qui, un balzello. Nulla vieta, ma davvero nulla, di chiedere “l’acqua in brocca”. Gli esercenti non possono rifiutare la richiesta (anche se spesso capita che restino spiazzati, e si arrampichino sugli specchi). Chiedere l’acqua in brocca è un modo non tanto per risparmiare (anche se, a ben pensarci, l’acqua del rubinetto dovrebbe essere già compresa nel “coperto”), quanto di riaffermare che l’acqua pubblica è la migliore, inquina di meno (non viaggia su e giù per l’Italia con i tir) e non può diventare oggetto di scambio. Un’azione “politica”, come la definisce Camilla Lattanzi, ideatrice della proposta, nell’articolo che segue. “Imbroccatela!”, dopo essere stata pubblicata da Altreconomia, è stata rilanciata dalla trasmissione radiofonica Caterpillar di RadioDue (nella foto sotto) ed è quindi arrivata anche a un largo pubblico. Forza dunque: non solo in casa, ma ovunque si può bere “l’acqua del sindaco”. Per maggiori informazioni e per scaricare il volantino informativo da lasciare ai ristoratori: www.altreconomia.it oppure www.imbrocchiamola.org

Un invito alla seduzione? Anche, ma non solo. “Imbrocchiamola!” è l’invito a reagire, come consumatori critici, a chi sta tentando di obbligarci a bere sempre acqua in bottiglia, riportando invece sulle tavole le vecchie brocche riempite di acqua del rubinetto.
In Italia siamo i primatisti mondiali nel consumo di acque minerali. Le grandi marche dell’imbottigliamento ringraziano, e condizionano le nostre vite. Ci infliggono mal di schiena e stimmate alle mani conseguenti al trasporto in casa delle pesantissime confezioni da sei bottiglie da un litro e mezzo. Ci inquinano l’aria con le diossine prodotte dall’incenerimento delle bottigliette in pet e con i gasoli dei trasporti su strada. Strapagano veline, calciatori e ora anche passerotti parlanti da fare invidia a San Francesco, per convincerci a consumare addirittura l’acqua “a zero calorie”, e il bello è che ci riescono, visto che ogni italiano consuma oggi in media 188 litri di minerale in bottiglia, tre volte più di vent’anni fa.
Come se non bastasse, ci hanno anche scippato la brocca d’acqua dal “coperto” quando mangiamo al ristorante.
E provate a chiedere a un bar un bicchiere d’acqua: vi guarderanno come se foste un malato contagioso.
La campagna “Imbrocchiamola!” nasce per reagire a questa situazione insopportabile. Se l’acqua “del rigattiere”, controllata e imbottigliata mesi or sono, dal prezzo circa duemila volte superiore a quella del rubinetto, ha sfondato, allora vuol dire che la mano invisibile del mercato di Adam Smith è diventata più lesta della mano di Arsenio Lupin: urge passare al contrattacco.
La campagna è stata ideata dall’associazione ConsumAttori di Firenze, che promuove il consumo critico e la cittadinanza attiva.
“Imbrocchiamola!” intende svelare, dal basso, i paradossi legati al consumo smodato di acque minerali, e così i ConsumAttori e Controradio -nell’ambito della trasmissione “Questione di stili”, un programma su stili di vita e consumo critico arrivato quest’anno alla terza edizione- hanno lanciato una campagna per una guida ai ristoranti di Firenze e dintorni che evidenzi “chi la dà” e “chi non la dà”, intendendo naturalmente i ristoranti, le pizzerie, le trattorie che sono disposti -o meno- a servire la brocca d’acqua del rubinetto.
È un esercizio di scrittura collettiva, un’inchiesta, una campagna di pressione, da compiersi con una buona dose di ironia.
Per portare avanti la campagna non c’è bisogno di alzare i toni: si chiede gentilmente la brocca, si registra la risposta, e, casomai, si accetta con un sorriso “quel che passa il convento”. Il ristoratore che non la dà, finirà tra ”i cattivi”. Con possibilità di redimersi al prossimo turno. Per agevolare la “redenzione” e per diffondere la campagna si suggerisce di lasciare sul tavolo il volantino che si può scaricare dal sito di Ae (www.altreconomia.it) che spiega, in perfetto stile nonviolento, le ragioni della richiesta e il senso della campagna.
Non sarà facile contrastare una manipolazione culturale che raggiunge livelli paradossali. Quando al ristorante si chiede la brocca, le risposte sono le più fantasiose: “Non c’è”. “Non è buona”. “Non è potabile”. “È vietata”. “Non abbiamo le brocche. Non ce la chiede nessuno”. “Non ve la consiglio”. “Non ci possiamo prendere la responsabilità”. E ancora: “Se è per il prezzo, ve la regalo”. E via così, in un crescendo di affermazioni surreali; in realtà non solo il regolamento igienico sanitario (L.283/62 e Reg. Comunitario 852/2004) ma anche la logica più elementare ci dicono che un esercizio pubblico che fosse davvero privo di acqua potabile meriterebbe la revoca della licenza: non si vorrà mica insinuare che c’è chi lava l’insalata con acqua minerale?
Insistere per esercitare il diritto alla brocca non è da intendersi come un capriccio, né come un modo per risparmiare denaro. Al contrario, vuole diventare un atto politico, una prima “goccia” che potrebbe produrre una serie di cerchi concentrici,
sempre più ampi.
Per esempio: le amministrazioni comunali (dalle quali dipendono le licenze per bar e ristoranti) potrebbero prevedere l’obbligo per gli esercenti di mettere a disposizione acqua in brocca sui tavoli, come servizio per la comunità. Accade all’estero, può accadere anche in Italia.
In ogni caso, la campagna “Imbrocchiamola!” è una strada tra le molte sulla quale sarà utile avviarci per non trovaci, un giorno, a dover acquistare anche l’aria che respiriamo.

giovedì 19 giugno 2008

MARCIA PER IL CLIMA: Carta degli impegni.

IN MARCIA PER IL CLIMA
- emissioni di CO2
+ efficienza energetica
+ energie rinnovabili
Le organizzazioni che hanno costituito il comitato promotore della manifestazione IN MARCIA
PER IL CLIMA si riconoscono nell’appello, con cui è stata promossa la manifestazione, che indica
con molta chiarezza lo spirito propositivo con cui vogliamo muoverci e i temi su cui ci stiamo
mobilitando. Noi vogliamo costruire nel Paese una spinta ed una consapevolezza sempre più
diffusa perché l’Italia abbracci con forza e coraggio una politica attiva contro i cambiamenti
climatici, per mitigarne, nel più breve tempo possibile, gli effetti.
Per rispondere a questi intenti stiamo dando vita ad una larga alleanza per il clima tra tante
organizzazioni diverse e ci impegniamo a portare avanti insieme un lavoro di chiarimento, di
approfondimento e di ulteriore elaborazione sui punti che qui di seguito indichiamo, per poter
arrivare nelle prossime settimane a mettere a punto un vero e proprio programma di lavoro
condiviso.
Per una CARTA DI IMPEGNI
I cambiamenti climatici non riguardano il futuro, ma l’oggi. E’ necessaria una svolta che
produca decisioni per superare ritardi e resistenze, visto che a livello mondiale le emissioni sono
aumentate e a questo risultato negativo l’Italia ha dato un contributo fin troppo rilevante.
1) Il negoziato internazionale. Nel prossimo appuntamento per il negoziato internazionale,
previsto per il 2009, occorre che tutti gli Stati con economia avanzata, inclusi gli Stati Uniti,
sottoscrivano impegni vincolanti rispettivamente di forte riduzione delle emissioni. Anche i
paesi in via di rapido sviluppo, come Cina e India, devono contribuire a contenere le
emissioni nei principali settori, nel contesto dello sviluppo sostenibile e con l’aiuto dei paesi
già sviluppati. Inoltre, vanno da subito adottate politiche di adattamento e mitigazione e
oltre a decidere il piano di azione condiviso si dovranno definire le risorse e dove si
reperiscono.
2) L’Europa. L’Europa ha dato un segnale forte in questi ultimi due anni, dando la
disponibilità ad una riduzione del 30% delle emissioni in un accordo globale e aprendo la
strada ad un nuovo percorso internazionale per superare i ritardi e le resistenze. Per questo
noi siamo orgogliosi di essere cittadini europei.
Inoltre la decisione vincolante del 20-20-20 (riduzione del 20% di emissioni di CO2,
incremento del 20% di fonti rinnovabili e di efficienza energetica) assunta dall’Europa in
maniera unilaterale, indipendentemente dall’esito del negoziato internazionale, è un passo in
avanti di notevole importanza ed è il nostro punto di riferimento.
3) La politica italiana. Chiediamo al Governo Italiano, al Parlamento, ai Presidenti delle
Regioni e agli Amministratori locali, insomma a tutti i decisori politici, di assumere obiettivi
coerenti con le potenzialità dell’Italia e del suo territorio, stabilendo precise responsabilità e
meccanismi sanzionatori, chiudendo con la politica del rinvio e con la richiesta di sconti
ulteriori (già troppi ne sono stati concessi), che stanno portando l’Italia fuori dall’Europa e
finiranno per accelerarne il declino economico industriale e sociale.
Chiediamo piuttosto che il Paese diventi un protagonista nel contesto europeo contribuendo
attivamente alle scelte necessarie per dare attuazione alla strategia del pacchetto “Clima ed
Energia” UE, affinché l’Italia non sia più il fanalino di coda dell’Europa.
4) La legge finanziaria. Chiediamo che, a partire da quest’anno, la legge finanziaria sia
pensata e progettata ponendosi come obiettivo che il complesso delle politiche sia
finalizzato al raggiungimento, di obiettivi annuali quantitativi precisi nel percorso previsto
per l’Italia dalla strategia europea.
5) Il modello energetico. Nell’ottica di una responsabilizzazione collettiva, occorre dare pieno
slancio alle misure di efficienza energetica, convenienti per il sistema paese e capaci fra
l’altro di alleggerire il peso economico delle scelte energetiche per tutti gli strati sociali.
Inoltre, diciamo sì al modello distribuito e quindi alla democrazia energetica; sì alle
rinnovabili nel rispetto del territorio, garantendo pieno sviluppo e salto di qualità ad eolico,
solare termico e fotovoltaico, anche attraverso la piena ed articolata realizzazione del Conto
Energia. La scelta per la transizione dovrà garantire l’uso sempre più efficiente dei
combustibili e sviluppare il gas e la cogenerazione in tutti i settori e distribuita nel territorio.
La scelta del nucleare - fermo restando la necessità di sviluppare ulteriormente la ricerca in
tale settore - appare oggi ideologica e non basata sulla realtà dei fatti, pertanto essa non deve
pregiudicare le risorse finanziarie a danno delle politiche di efficienza e delle rinnovabili.
Non è infatti rinviabile un massiccio investimento nella ricerca a favore delle politiche di
efficienza e di sviluppo delle rinnovabili nonché per rinvenire soluzioni pienamente
sostitutive dei combustibili fossili, che non aggravino i rischi per la sicurezza internazionale
e consentano, allo stesso tempo, lo sviluppo economico e quello di democrazia e libertà.
6) Edilizia e Territorio. Occorre investire in un grande progetto di rinnovo del patrimonio
edilizio, che sviluppi innovazione ed occupazione, che renda più vivibili le abitazioni, che
dia risposta al bisogno abitativo ormai diffuso. Bisogna ripensare lo sviluppo di città e paesi,
arrestando la dispersione di residenze, centri di produzione, servizio e commercializzazione,
che determina consumo di suolo e alta domanda di mobilità, per non perdere quel
patrimonio paesaggistico e territoriale che caratterizza il nostro paese e quel patrimonio di
relazioni di prossimità, servizi, lavoro, che qualifica la coesione comunitaria, radicata nei
nostri piccoli e grandi centri urbani.
7) Mobilità. La priorità è investire in infrastrutture, innanzitutto su rotaia, che migliorino la
mobilità urbana, a partire da quella dei pendolari. Bisogna ridurre e scoraggiare il traffico
privato, favorendo il trasporto pubblico e la mobilità leggera. In questo quadro, la bicicletta
può fare molto, in quanto indicatore di qualità ambientale e fattore incisivo nelle politiche
della mobilità, a patto che si agevoli l’uso modale della bicicletta. Chiediamo inoltre che
nella legislatura le Regioni siano responsabilizzate con obiettivi precisi di riduzione delle
emissioni di CO2 dei trasporti e che, quindi, siano ridefinite le priorità infrastrutturali.
8) Sistema produttivo. Il rispetto delle direttive europee non può trasformarsi in crisi
dell’industria italiana, che deve essere invece più attenta alle opportunità create dalla
strategia europea, rinnovando i processi, i prodotti e le politiche di marketing pubblicitario
che influenzano la fiducia dei consumatori nei confronti dei prodotti a basso consumo ed
emissioni, quindi creando nuova occupazione e maggior sicurezza nei posti di lavoro, così
come è avvenuto in molti Paesi Europei – a partire da Germania e Spagna - che con più
decisione hanno puntato sulle energie rinnovabili.
9) Agricoltura. Bisogna finalmente riconoscere il contributo positivo che l’agricoltura può
portare alla battaglia contro i mutamenti climatici e si devono promuovere tutte quelle
pratiche agricole ecocompatibili che oltre a rispettare maggiormente l’ambiente
aumentano l’assorbimento di CO2. L'incontro, utile e necessario, tra agricoltura e
innovazione energetica deve avvenire all'insegna di una valutazione coerente del bilancio
energetico e ambientale di ogni scelta e intervento e nel rispetto della vocazione non soltanto
economica delle attività agricole.
10) Mare e fascia costiera. E’ necessario attuare e rafforzare le politiche ambientali per la
tutela e la salvaguardia dell’ecosistema marino e per una gestione razionale e durevole delle
risorse biologiche, per contribuire a contrastare i fenomeni che minacciano i già fragili
equilibri su cui si basa lo sviluppo sostenibile dei territori costieri.
11) Biodiversità. Le misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici diano
benefici anche alla tutela della biodiversità, per raggiungere questi obiettivi e frenare la
perdita di biodiversità un ruolo importante lo devono svolgere le aree protette che vanno
potenziate e valorizzate.
12) Solidarietà e Interdipendenza. Nel mondo globalizzato i cambiamenti climatici
rappresentano un fattore di crisi, ma la lotta per contrastarli può divenire un potente fattore
di sviluppo delle politiche di cooperazione, per accrescere la quota da mettere a
disposizione da parte dei paesi ricchi, per incrementare la sovranità alimentare e la
democrazia energetica, per realizzare una sostanziale politica di interdipendenza.
Come organizzazioni che si sono alleate nel Comitato Promotore “In marcia per
il clima” chiediamo che l'Italia si metta alla testa della strategia UE di riduzione
delle emissioni e di sviluppo dell’efficienza delle rinnovabili, e come cittadini e
associazioni mettiamo in campo iniziative e impegni nostri
concreti in questa direzione.
- Vogliamo organizzare campagne per diffondere pratiche di risparmio energetico attraverso
la modifica degli stili di vita in casa, nella mobilità, nel territorio, per essere attenti negli
acquisti alla “classe” degli elettrodomestici, a risparmiare acqua dell'acquedotto, a privilegiare
mezzi pubblici e bicicletta, a differenziare quote crescenti di rifiuti nelle nostre case, per
consentire forti risparmi di energia nella fabbricazione di nuovi prodotti,
- Vogliamo investire nell'efficienza energetica nelle case per dimezzare i consumi di petrolio,
applicare collettori solari termici in modo da recuperare un inspiegabile ritardo rispetto agli altri
paesi europei, coprire di pannelli elettrosolari i tetti delle nostre case,
- Vogliamo facilitare con incentivi significativi e semplificazione delle procedure l’adozione di
sistemi domestici e per le piccole imprese di produzione di energia alternativa,
- Vogliamo impegnare i gestori di energia elettrica in campagne periodiche di
sensibilizzazione sulle energie alternative,
- Vogliamo rilanciare la cooperazione con gli enti locali per diffondere l’uso di fonti
rinnovabili,
- Vogliamo aumentare l’efficienza energetica dei motori marini per esercitare una pesca ed
una acquacoltura responsabili,
- Vogliamo promuovere il consumo di prodotti agricoli biologici, favorire l’affermazione della
filiera corta e diffondere l’organizzazione di mercati locali,
- Vogliamo adottare come strumento necessario per l’organizzazione delle attività e
manifestazioni il bilancio preventivo ambientale e azzerare, attraverso azioni di riduzione,
contrasto e compensazione, la CO2 emessa.

“Da Terra Preta un appello all’agricoltura bio e sostenibile contro la crisi alimentare e climatica”

Terra Preta si è chiusa con una richiesta forte di attenzione da parte della Fao e dei governi verso la sovranità alimentare dei popoli e il rispetto dell’ambiente. Le oltre 100 ong che si sono riunite a Roma dal 1 al 4 giugno, per il Forum internazionale su crisi alimentare e cambiamenti climatici, negli stessi giorni del Vertice Fao hanno chiesto una presa di posizione seria per uscire dalla crisi alimentare globale e per contrastare i cambiamenti climatici in atto. Tra le misure proposte da Terra Preta, l’agricoltura biologica ha un ruolo di primo piano. Tra gli impegni presi dalle ong firmatarie delle dichiarazione finale, letta durante la sessione plenaria del vertice Fao, c’è quello di “Realizzare una produzione agricola basata sulla piccola proprietà ed eco-sostenibile, pesca e pastorizia come i fondamenti dell’alimentazione, la rigenerazione del carbone, il recupero degli habitats naturali e agricoli per la realizzazione della sicurezza idrica e la gestione della cambiamento climatico, in particolare sostenendo produzioni agricole biologiche certificate e non”. Secondo i partecipanti di Terra Preta, bisogna anche “ottenere i fondi di mitigazione e di adattamento per finanziare produzioni agricole con basse emissioni di anidride carbonica e sostenibili”. Caratteristiche che fanno dell’agricoltura biologica il tipo di produzione ideale per la riduzione di inquinamento. Secondo Andrea Ferrante, presidente dell’Associazione Italiana Agricoltura Biologica, tra gli organizzatori di Terra Preta: “A fronte dell’impasse della conferenza governativa della Fao, il forum Terra Preta ha individuato precise priorità e risposte per contribuire a raffreddare il pianeta e combattere la crisi alimentare che stiamo vivendo. In queste risposte, - continua Ferrante - ancora una volta l’agricoltura biologica, praticata da imprese agricole familiari, rappresenta la risposta più avanzata per garantire l’accesso al cibo per tutti in maniera sostenibile e duratura, oltre a contribuire effettivamente sia alla mitigazione dei cambiamenti climatici che alle tecniche di adattamento alle conseguenze degli stessi cambiamenti”. (Comunicato stampa Aiab)

mercoledì 18 giugno 2008

2008 Anno del dialogo Interculturale

Con la Decisione n. 1983/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre ’06, l'anno 2008 è stato proclamato «anno europeo del dialogo interculturale»
Questa iniziativa rappresenta uno strumento unico mediante il quale si potrà avviare un processo ulteriore per sensibilizzare ancora di più i cittadini, naturalmente con un chiaro messaggio verso tutti coloro che avranno voglia di lanciare nuove idee per favorire al meglio la coesistenza tra le più diverse culture che oggi vivono l'Europa

L’iniziativa rappresenterà indiscutibilmente uno strumento unico di sensibilizzazione dei cittadini, in particolare dei giovani, su questa tematica, pertanto la Commissione europea ha deciso di lanciare un invito a presentare idee indirizzato alla società civile ed alle parti interessate.
Saranno messi a disposizione circa 10 milioni di euro per la realizzazione di progetti concreti nell’anno 2008 tramite programmi e azioni comunitarie. Gli ambiti della cultura, dell’istruzione, della gioventù, dello sport e della cittadinanza saranno quelli maggiormente interessati.

Gli obiettivi generali riguarderanno la promozione del dialogo mediante progetti specifici per aiutare i cittadini europei a convivere armoniosamente, superando le differenze inerenti alle diverse culture, religioni e lingue.

Per conseguire gli obiettivi dell'Anno europeo saranno realizzate manifestazioni e iniziative miranti a promuovere il dialogo interculturale in modo da porre in rilievo le realizzazioni e le esperienze sul tema. Sono previste, oltre a campagne d’informazione e di sensibilizzazione, iniziative a livello nazionale e regionale, con specifico riferimento all'educazione civica ed alla percezione dell'altro nella sua differenza.

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Peccato che l'Italia ha fatto così poco... non trovo nulla in Agenda.
Con tutti i messi d'informazione che abbiamo a disposizione è possibile che informazioni importanti non arrivano mai al cittadino?
Credo nella necessità di avviare una campagna d'informazione efficace attraverso Tv, radio, stampa
E Internet.
Crediamo nella importanza del Dialogo Interculturale?

Alcuni al forum hanno risposto anche:

tescaro "Bisognerebbe promuoverla l'intercultura in Italia sopratutto in questo delicato periodo, un po strumentalizzato!...
ho trattato di recente un post apposito vedete http://tescaro.blogspot.com :roll:"

JackTorino: "prima si fa in modo che i cittadini riescano a mantenere delle condizioni di vita dignitose, poi forse si potrà parlare di "intercultura" e tolleranza!

inutile farlo prima."


Siamo al mese di Giugno... molte programazioni estive sono già pronte in diverse piazze e luoghi di vacanze, speriamo ci siano incluse anche quelle dedicate alla promozione del dialogo Interculturale.


"Voglio un mondo dove ogni uno di noi rosso, bianco, nero, giallo dipingeranno la vita e renderanno questo mondo un arcobaleno di Pace e Armonia! Ogni colore, sapore, suono ed emozione sia trasmesso all'altro e sia accettato e condiviso” Evi